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UNA DOMENICA IN CAMPAGNA
(UN DIMANCHE A LA CAMPAGNE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 marzo 1985
 
di Bertrand Tavernier, con Luis Ducreux, Sabine Azéma, Michel Aumont (Francia, 1984)
 

 Come dice il titolo, la domenica di Monsieur Ladmiral. Pittore accademico che ha attraversato l'impressionismo (siamo nel 1912) senza avere il coraggio di aderirvi, nonno settantaseienne che riceve la visita del figlio iperborghese accompagnato da due insopportabili nipotini nella tradizione gianburrasca; e della figlia parigina e piena di vita, graziosa e autoritaria al punto di guidare un'automobile, fragile e femminile (secondo un concetto in disuso) al punto di avere un amante. Protagonista, oltre a questi personaggi ed alla vecchia fantesca alla Maupassant, la domenica tout court. Che seguiamo fin dall'inizio, quando la finestra si spalanca sul giardino e sulla campagna di una splendida giornata d'inizio autunno, nei piccoli dettagli intimi e domestici del vecchio che assumono, come ben si comprende, un'importanza marcata. Protagonista, ancora, con un titolo del genere, Renoir. E anche Lumière. Con l'eredità, tutta francese, del naturalismo, della cronaca intimista, del picnic sull'erba con il sole che accarezza i capelli.Un dimanche a la campagne è un film che è piaciuto a molti, all'epoca in cui fu scelto per partecipare al Festival di Cannes. E detestato da altri.

E' un film delicato, sensibile, dove non succede niente e quindi si può sostenere che succeda di tutto. Nel quale la cinepresa ha tutto il tempo a disposizione, quasi in tempo reale, per attardarsi sui ritratti appesi alle pareti, come sui fili dei piselli che angustiano la domestica. In un paesaggio dorato con ronzio d'api gli attori, bravissimi, possono abbandonarsi alle loro inclinazioni: il vecchio Louis Ducreux è perfetto, ad esempio, nel ruolo del vecchio. Il borghese Michel Aumont è più che vero nel ruolo del borghese. E Sabine Azéma, in quello della femminilità appor tatrice di una ventata di aria fresca, sembra non aver fatto che quello dall'uscita dai corsi dell'accademia drammatica.

Un dimanche a la campagne commuove per il pudore, la cosiddetta leggerezza di tocco e relativa grazia illustrativa. E per il tema trattato, quel bilancio esistenziale, quell'aggrapparsi ai ricordi agli affetti ed alle presenze giovanili che attende al varco ognuno di noi. Tutta questa meraviglia, siamo onesti, rivista un anno dopo si è già un po' caramellata. Poiché molto, dalla splendida giornata d'autunno con ronzio d'ape alla ventata d'aria fresca, dai cornetti in cucina alle lenzuola che sanno di bucato a mano è senza esitazione sottolineato. Una ricerca della poesia attraverso un culto del bello, anche se del bello modesto, casalingo e quotidiano.

Tavernier ha fatto benissimo a ricercare queste vene intime della tradizione francese, se ne aveva voglia. Meno, a  far girare la luce attorno ai riccioli già biondi delle bambine, a straripare in risolini e saltelli impossibili la sua attrice giovane o d'impalare di frasi fatte e colletti inamidati il figliolo borghese. La musica era di Fauré. Verrebbe da dire, ovviamente... .


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